Amore Mio, dal teatro al video.

di redazione di NoiNo.org

Amore Mio, dal teatro al video.

Credete che sia difficile parlare con i giovani di violenza nelle relazioni? Provate a guardare questo video. Vedrete ragazzi e ragazze tra i 17 e i 19 anni che salgono sul palco, dicono la loro, cercano un modo per cambiare le cose. Una prova generale di ciò che può succedere (e spesso succede) nella vita reale, un'occasione per riflettere su un problema su cui tanti adolescenti hanno idee piuttosto confuse. Le stesse di tanti adulti, peraltro.

Il video sintetizza in meno di 10 minuti lo spettacolo di teatro forum "Amore MIO",  messo in scena dalla compagnia Parteciparte il 4 dicembre 2015 all'Oratorio San Filippo Neri a Bologna. Una "produzione" di NoiNo.org che ha visto protagonisti circa 130 studenti e studentesse di tre istituti superiori della città: Aldini Valeriani Sirani, Aldrovandi Rubbiani e Galvani. L'anno appena passato abbiamo deciso di dedicare ai più giovani l'appuntamento di riflessione organizzato intorno al 25 novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza maschile contro le donne: oggi il video ci permette di condividere questa esperienza con tutta la community.

Ma cos'è il teatro forum e in che modo aiuta i giovani spett-attori a comprendere meglio un fenomeno che li riguarda, più di quanto credano? Ne parliamo con Olivier Malcor, facilitatore della compagnia Parteciparte.

Amore Mio è una frase che sembra affettuosa e inoffensiva. Perché è il titolo dello spettacolo?
Il mio del titolo ha un significato che capiamo subito, dopo qualche minuto dall'inizio. In scena ci sono quattro personaggi: una coppia (lui e lei) e due amiche. Tra i primi c'è una relazione molto normale, appunto. Ma si capisce che qualcosa non va. Non che si vedano scene di violenza fisica, ma lui non la consulta nelle decisioni, di fatto la tratta come se non avesse una volontà sua. E lei all'inizio lo accetta. Delle due amiche, una non si accorge di nulla, l'altra prova a intervenire, però rischia di peggiorare le cose. Ed è qui che le cose si fanno interessanti, perché entra in gioco il pubblico.

Questo è uno spettacolo diverso da quelli che siamo abituati a vedere: voi lo definite teatro forum. Qual è la differenza?
Praticamente il pubblico non è passivo: viene invitato a dire la sua, si immedesima, tanto che qualcuno può prendere il posto di uno dei personaggi. 

Ma chi fa parte del pubblico deve proprio partecipare? E se è timido?
Non vi immaginate la situazione da cabaret in cui uno spettatore viene buttato sul palco! Io sono il facilitatore dello spettacolo, una sorta di jolly al di fuori della storia che interagisce con il pubblico. E anche le attrici e gli attori della compagnia hanno una serie di tecniche per coinvolgere gli spettatori. È una delle forme del Teatro dell'Oppresso (TdO) un tipo di rappresentazione nata in Brasile. Il nome suona drammatico, ma è un modo molto positivo, molto liberatorio per capire di più di noi, di come intervenire in modo più efficace nella nostra vita e nella società in cui viviamo. 

Può succedere che chi interpreta il personaggio cambi radicalmente la storia? 
Non è che cerchiamo di arrivare al lieto fine, con l'uomo che smette di comportarsi così e va tutto bene. Le cose sono più complicate. Di solito chi entra nella storia dal pubblico prende il posto di una delle amiche, quindi interagisce con la vittima o con l'uomo che compie violenza. E qui succedono le cose più interessanti, che spesso vengono proprio dai giovani.

A Bologna ci sarà un pubblico di giovani tra i 17 e i 18 anni. Che esperienza avete con loro?
Ricordo una rappresentazione in cui proprio un ragazzo si è messo a parlare con il personaggio maschile nel modo più efficace che si può immaginare: non usava frasi fatte, non era moralista ma faceva parlare il personaggio, lo invitava a non raccontarsi balle, a non trovarsi delle giustificazioni facili, a non scaricare la sua responsabilità… una cosa incredibile!

Quando si parla di violenza, gli uomini spesso alzano le difese: ma io che c'entro, ma anche le donne sono violente ecc. Come fate a superarle?
Prima della storia vera e propria mettiamo in scena un powerpoint teatrale con i dati reali sugli abusi contro le donne. E questo già aiuta a non minimizzare i problemi. Ma soprattutto quando parlo con gli uomini scendo dal piedistallo, dico che anche io posso avere avuto certe reazioni, o che sono cresciuto con certi modelli. E invito tutti a parlare liberamente, senza autocensure.

E i ragazzi e le ragazze cosa dicono?
Soprattutto i ragazzi sono contenti di essere consultati, per una volta non si sentono dire cosa devono pensare ma possono dire la loro. Anche una cosa molto maschilista, eh? È il modo migliore per capire che il problema è prima di tutto dentro noi. Infatti in scena mettiamo anche dei personaggi immaginari, che rappresentano i condizionamenti che i protagonisti hanno nella mente, i loro oppressori interni.

Secondo te negli ultimi anni le cose sono cambiate? Tra gli uomini, c'è maggiore consapevolezza? 
Si sente molto di più parlare di maschile quando si parla di violenza (prima sembrava che fosse un problema delle donne). D'altra parte ci sono anche tante reazioni: tutto questo parlare della cosiddetta ideologia del gender, ad esempio, che è un grande passo indietro. Però i cambiamenti del ruolo maschile nella società, quelli veri, ci sono: e nessuna polemica li può fermare.

(Foto di scena, copyright compagnia Parteciparte)



5 Commenti


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30/01/2024

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23/12/2023

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23/12/2023

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18/01/2022

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16/01/2022

Stefano Businaro
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