Che c'entra NoiNo.org con il Gay Pride?

di redazione di NoiNo.org

Che c'entra NoiNo.org con il Gay Pride?

Ma questa non è un'iniziativa rivolta a noi "banali uomini eterosessuali" (per citare il nostro amico Lorenzo "Questouomono" Gasparrini), sulla violenza maschile contro le donne? Perché allargare il campo all'omofobia? Forse qualcuno di voi si sarà fatto questa domanda, leggendo i post che abbiamo pubblicato intorno al 17 maggio, giornata contro l'omofobia e la transfobia, nella rubrica "Da uomo a uomo". E forse se lo chiede ancora, in questi giorni cui tante città accolgono le manifestazioni della "Onda Pride". Proviamo a rispondere, prendendola un po' da lontano.

Tanti uomini, sentendo parlare di violenza di genere, rispondono più o meno: "Certo che sono contrario, io non toccherei mai una donna, neanche con un fiore. Anzi, io le donne le proteggo, le difendo." Tanti di noi sono cresciuti con questa idea di "maschio cavaliere". Il problema è l'effetto "2x1", per cui siamo cresciuti anche con l'idea che la cosa peggiore che può succedere a un "maschietto" sia essere paragonato a una "femminuccia", proprio a una di quelle deboli creature che i "cavalieri" dicono di voler amare e proteggere. E come viene definito, insultato, emarginato un ragazzo "non abbastanza maschio"? Ci siamo già capiti. A chi non è capitato di temere che i compagni di classe gli dessero del "frocio"?

Già: sotto sotto, l'omofobia ha la stessa radice della svalutazione e della violenza verso le donne. Una paura - perché di questo si tratta - che alla fine serve a conservare ognuno, maschio o femmina che sia, in una certa parte di quel gioco di ruolo per cui l'uomo è cacciatore e la donna sottomessa e via così, di luogo comune in luogo comune. Per cui un "vero uomo" può fare il minatore ma non il ballerino. Per cui un gay può fare il ballerino ma non il calciatore. Per cui una ragazza non può fare sicuramente né la calciatrice né tantomeno l'astronauta e, se insiste, be' sarà sicuramente una "lesbica" o almeno "poco femminile".

E se pensate che i commenti sessisti su Samantha Cristoforetti riguardino un caso eccezionale, provate a pensare a una condizione molto più comune a tanti di noi. Quella di genitore, per esempio. A quanti di voi, padri coinvolti nella cura dei figli, dà fastidio sentirsi ancora definire "mammo"? Quanti di voi non pensano che a un padre tocchi per forza il ruolo di "guardiano delle regole" e di "breadwinner" (quello che "porta il pane a casa"), mentre alle mamme spettano la tenerezza e l'accudimento? Ma non per questo vi sentite meno padri, meno maschi, meno responsabili, no?

È solo un esempio per dire che quello che vale pena difendere, se proprio vogliamo rimanere dei bravi "cavalieri", non sono tanto delle immaginarie "principesse" da immaginari pericoli, ma noi stessi, i nostri figli e figlie, amici e amiche, dai pregiudizi e dalle paure. Che sono molto reali. 



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