Parlando tra uomini etero (e non solo) d'amore (e non solo).

di Giuseppe Burgio

Parlando tra uomini etero (e non solo) d'amore (e non solo).

L'amore tra un uomo e una donna ha una specifica relazione con la violenza? L'eterosessualità ha un legame storico e simbolico con la violenza misogina? Queste domande mi ero posto in un precedente post. A esse, un partecipante al nostro blog ha risposto che la violenza appartiene agli eterosessuali e non alle coppie omosessuali che creano invece rapporti paritari. Un altro, invece, ritiene che anche tra omosessuali ci sia gelosia ossessiva e possesso violento. Sembrano esserci più violenti tra gli eterosessuali solo perché sono più numerosi...

In realtà, esistono poche ricerche sulla violenza all'interno di coppie omosessuali ma esse mostrano che la violenza non è affatto assente tra gay e tra lesbiche. Il senso del possesso, le differenze economiche, quelle caratteriali, agiscono anche all'interno delle relazioni omoerotiche che, in più, vivono sotto la pressione di una stressante società omofobica.
Pare allora utile ragionare sul perché un certo numero di uomini (eterosessuali, bisessuali od omosessuali che siano) usano violenza all'interno di relazioni d'amore. Questa violenza è differente da quella – che pure esiste – esercitata da donne (eterosessuali o lesbiche) nei riguardi dei/delle loro partner? Cosa specificamente riguarda noi uomini (alti o bassi, belli o brutti)?

Altri due partecipanti avevano indicato come causa la violenza che noi uomini ci autoimponiamo, le pesantissime limitazioni della nostra identità che sopportiamo pur di aderire a uno stereotipo maschile, a un ideale di virilità. Questi due uomini dicono che il dover aderire al ruolo sociale di "vero uomo" è faticoso e irrazionale, motivo di frustrazione, una schiavitù inconsapevole, una zavorra (tanto tra gli eterosessuali quanto tra i gay). Ora, questa autoimposizione può produrre una rabbia, una ferita, un inconsapevole desiderio di rivalsa che scarichiamo poi su chi amiamo?

In più, tra le righe di alcuni commenti, emergeva un tema interessante: oltre alla violenza che gli uomini (eterosessuali) esercitano sulle donne, esiste anche la violenza che gli uomini (eterosessuali) esercitano sugli uomini omosessuali. Mi chiedo allora se esiste un legame tra la violenza contro le donne e quella contro i gay. Non serve a nessuno, ovviamente, ragionare su quale categoria sia maggiormente compromessa con la violenza, o contrapporre eterosessuali ad omosessuali. Quello che serve è forse discutere se tra omofobia e misoginia ci sia un legame.

Comincio io, con un dubbio: può darsi che – siccome i "veri uomini" devono sempre tenere sotto controllo il loro tanto disprezzato lato "femminile" e devono lottare per conquistare il controllo sugli altri – ai ragazzi (maschi) s'insegna a disprezzare tutto ciò che, nella nostra società, è associato alle donne e agli uomini gay?



7 Commenti


A. C.
19/08/2015

Penso che ci sia un filo conduttore, o per come la vedo io, un tronco di baobab conduttore, tra la violenza sulle donne eterosessuali e l'omofobia verso gli uomini omosessuali a causa della confusione che si è sempre fatta tra identitá di genere e orientalento sessuale. Mi spiego meglio: quando si assume che una donna, per il solo fatto di essere donna, sia attratta dall'uomo, si associano automaticamente all'uomo omosessuale delle caratteristiche femminili intrinseche, che di per sè non ha, essendo uomo. Questo perché viene meno la conoscienza di cosa sia davvero l'identità di genere: essere uomo non implica sempre che ti piacciano le donne e viceversa. Quindi tutte le concezioni misogine legate alla sessualità femminile vengono legate all'uomo omosessuale, creando così lo stereotipo che questi ultimi siano delle "donne mancate", oppure si tira in ballo l'impenetrabilitá sopra nominata, il fatto che il vero uomo sia e debba sempre impenetrabile sia in senso fisico che metaforico. Tutti i tabù sessuali, il fatto che una donna sessualmente disinvolta sia riprovevole mentre un uomo etero stia solo seguendo la sua natura di maschio, di bestia istintiva e dominante, si traslano automaticamente sull'uomo omosessuale. Di contro, essere donna e omosessuale è considerato meno riprovevole che essere un uomo omosessuale, perché possedere una donna, averci rapporti sessuali è considerato un segno di forza. Ci si immagina una donna lesbica come decisa, emancipata, insomma, come ci si immagina il "maschio vero", mentre agli uomini gay sono attribuite caratteristiche (negative) come la civetteria, la sensibilitá, l'instabilitá emotiva e la debolezza. Insomma, nell'omofobia rivolta verso gli uomini vedo solo il riflesso di una società eteronormativa che impone i le sue pecche e disfunzioni, che purtroppo saranno difficili da cancellare dati i millenni di una cultura misoginia che ci troviamo alle spalle.


Enrico Maria Ragaglia
16/05/2015

Il quesito è estremamente interessante, così come trovo stimolante il concetto di "impenetrabilità", una dimensione psichica e relazionale che sovente anche noi "psi" (psicologi e psicoterapeuti) troviamo a gestire con le persone, uomini e donne, che ci chiedono aiuto. Il che, già nella richiesta di aiuto in sé, personale o su invìo, ci porta a dire che una piccola "crepa" nell'assetto difensivo dell'individuo si è prodotta. Piccola, invisibile quasi, ma si è prodotta, perché il carico di sofferenza, di disagio, di alienazione è sentito come eccessivo. Il maschio che non tollera la metafora della penetrazione soffre? E perché non tollera questo vissuto di "invasione"? Mi è capitato di seguire in consulenza alcuni maschi (indipendentemente dagli orientamenti sessuali) le cui metafore di impenetrabilità rimandavano a questioni molto diverse tra loro, che poggiavano su assetti di personalità variabili e con livelli psicopatologici variabili: dall'abuso infantile (fisico sessuale, psicologico) da parte di maschi adulti di riferimento, ad altri stati traumatici, a questioni che, invece, riguardavano più il gruppo dei pari in adolescenza, o ancora come il genitore ha gestito/educato il suo corpo e "l'aver cura" ad esso connessa. La metafora per cui il "vero maschio" non si fa penetrare (anche nei rapporti sessuali) mi pare più legata alla gestione dell'intimità, della fiducia, della vergogna. Un mix di elementi della storia individuale e di quella contestuale/ambientale. Senza andare a scomodare le situazioni patologiche di parafilia (ex perversioni sessuali), anche in questo caso indipendentemente dall'orientamento sessuale, la penetrazione nel contesto dei rapporti sessuali è un comportamento molto variabile: ci sono uomini gay che non apprezzano la cosa, altri che la praticano solo nel contesto di un rapporto stabile (di fiducia, appunto) e ci sono anche uomini eterosessuali che apprezzano la stimolazione della zona anale (anche in questo caso in grado variabile) da parte delle loro partner.


Richie
15/04/2015

e di nuovo egocentrismo e orgoglio (orgoglio anche nella sua declinazione o de-generazione negativa) e il loro opposto sono esclusiva di uno dei due sessi? Non credo


Richie
15/04/2015

"Anche la violenza e l'aggressività se è difensiva può servire" anche se aggressività e violenza per quanto possano essere contigue non sono sinonimi, va detto. In realtà credo che non esistano qualità assolutamente positive o assolutamente negative (o forse sono molto poche) e vale anche per le due parole in oggetto..dipende tutto da come, perchè e contro chi si usano


Richie
15/04/2015

l'essere forti e disinvolti non è una esclusiva degli uomini e neanche una esclusiva degli uomini etero, e non si tratta necessariamente di qualità negative, dipende dall'uso che se ne fa. Anche la violenza e l'aggressività se è difensiva può servire, serve agli uomini e serve alle donne: non va repressa, va gestita e incanalata. La violenza e l'aggressività come la mitezza appartiene agli esseri umani, maschi e femmine ( certo si può esprimere in forme e modalità più o meno differenti per motivi di forza fisica e di contesto, ci sono persone in cui è più spiccata, e in altre meno eccetera)


Fiabe Atroci
15/04/2015

Forse analizzare la parola "impenetrabilità", in tutti i suoi sensi, potrebbe fornire una chiave di lettura per riconoscere il modello maschile in cui siamo storicamente iscritti, che lo vogliamo o no. L'assenza di una capacità di apertura, porosità, accoglienza, condivisione, da parte del modello maschile classico e da parte di molti uomini, in opposizione culturale ai modelli femminili della cura, non sono forse la base di tutti i sentimenti di dominio e di violenza che gli uomini si portano dentro? Essere più penetrabili e meno orgogliosi, più disponibili a cooperare e mettersi in discussione e meno logo-centrici, fallo-centrici, ego-centrici, più capaci di stare nei conflitti senza violenza difensiva e offensiva...potrebbero essere le chiavi di volta per uscire da un modello bio-politico-culturale che, appunto, ci ha rotto le palle! :)


claudio tramonti
11/04/2015

e certo che c'è un legame tra la violenza maschile contro le donne e contro i gay! un "vero" uomo si riconosce perché non è omosessuale e perché è "forte", disinvolto, "predatore" con le donne. non diciamo forse ai bambini che piangono "non fare la femminuccia"? e non consideriamo "femminucce" i gay?


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